27.2.06

AMARCORD DI VIAGGIO

La Paz, Bolivi agosto 1984

Nel nostro gruppo (circa 30 persone) c’è una ragazza, Piera, bruttina e antipatica che tutti evitano.

Dopo aver girato per il mercato indigeno dove vendono amuleti, erbe, pozioni,ecc…
entro assetato in un locale e incontro il gruppetto pazzo e simpatico composto da una romana, un veneto ed un trentino che girano per conto loro in cerca di….roba!

Mi vedono e salutano, mi avvicino al loro tavolo e scambio qualche battuta: li vedo strani e …fatti
Ridono e mi dicono: ciao, guarda laggiù.

In fondo alla sala c’è una donna che balla e canta con foga in piedi sul tavolo mentre i vicini la incitano e battono le mani, guardo bene…..e…..si è proprio Piera, non credo ai miei occhi!.

Uno del gruppo mi guarda e dice: Piera ha voluto provare, una simpaticona….! Guarda che simpaticona!!

La Paz, Bolivia agosto 1984

Decidiamo di affrontare il monte Chakaltaya a 5.500 mt.
Prendiamo un pulmino e iniziamo la salita dai 4.000 mt di La Paz.
Tutta una serie di tornanti con burroni profondi, strada stretta, senza protezioni laterali.

Son seduto in prima fila quasi accanto al guidatore.

Quando il pullman gira nelle curve dei tornanti, il muso è nel baratro
e le ruote toccano a malapena il terreno sottostante.

In un tornante più difficile il mezzo sbanda pericolosamente, d’istinto giro la leva che apre la porta e schizzo fuori rischiando di cadere giù.

L’autista cerca di girare in su ma non riesce col motore che gira impazzito.

Scendono tutti alla chetichella e un attimo prima di precipitare, l’autista riesce miracolosamente a sterzare e risalire.

Ci guardiamo in faccia stralunati.
Nessuno vuole risalire sul mezzo. Siamo a circa 5.000 mt.

Proseguiamo gli ultimi 500 mt a piedi fino alla cima dove c’è un osservatorio ed un rifugio e tanta neve.

La salita è faticosa e manca l’ossigeno. Dopo un’ora arriviamo e la vista è spettacolare: si vede la catena delle Ande innevate ed il Mar Pacifico in lontananza.

Raggiungiamo l’osservatorio in mezzo alla neve
e dopo ci prendiamo una balla collettiva di tequila al rifugio e ci mettiamo a cantare in coro.

Nel frattempo si è fatto buio e dobbiamo scendere.
Nessuno ha il coraggio di fiatare. Saliamo al buio e scendiamo
incoscienti sperando di cavarcela, ma consci del rischio.

Cantiamo per farci coraggio e nessuno guarda fuori dai finestrini, passiamo decine di tornanti, con la strada mezza gelata e i burroni intorno e…..siamo in fondo, sani e salvi.
Il cielo è stato dalla nostra parte!.

Agua Calientes, Machu Pichu, Perù agosto 1984

Decidiamo di scendere l’Urubamba, il fiume locale con i gommoni lungo le rapide.
E’ mezzogiorno e c’è il sole.

Ci spogliamo restando in costume da bagno e ci infiliamo casco e giubbotto salvavita.
Scendiamo in 3 gommoni,circa 10 persone per gommone.

Incontriamo varie rapide e rocce pericolose e affioranti che a volte scansiamo per un pelo, a volte ci cozziamo contro senza danni.

Una ragazza vola in acqua ed annaspa.
Fortunatamente la giacca la tiene a galla e riusciamo ad issarla a bordo tirandola per i capelli.

Dopo un’ora eccitante di rapide il fiume è tranquillo e arriviamo alla meta.
Intanto il sole sparisce fra le montagne, siamo tutti bagnati, in costume da bagno ed i pulmini che dovevano venire a prenderci non si fanno vivi.

Per scaldarci facciamo ginnastica, corriamo su e giù per il prato e giochiamo a bandierina.

Quando ormai è buio arrivano i pulmini e gli autisti si scusano, ma devono pagar pegno: 4 bottiglie di tequila che ci scoliamo in gruppo prendendo una allegra balla e scansando le conseguenze del raffreddamento.

Confine Chile/Argentina agosto 1984

Dobbiamo scavalcare un passo sulle Ande per passare dal Cile all’Argentina e arrivare a Bariloche, la Cortina del Sud America.
Ci sono metri e metri di neve lassù in alto.

I nostri pazzi torinesi, tre maestri di sci amici di cui uno è il capogruppo, decide di noleggiare un mezzo blindato con i cingoli ed un gatto delle nevi.

Entriamo tutti e trenta nel mezzo, tenendoci stretti stretti per lo spazio ridotto.
La porta si chiude alle spalle e siamo chiusi dentro senza finestre come in un sottomarino.

Inizia la salita e ci mettiamo a cantare per farci coraggio.
Dopo un paio d’ore il mezzo si ferma e sbanda, apriamo la porta, fuori è tutto bianco.

Ai lati neve alta ¾ metri. Ci mettiamo a battagliare con la neve divertendoci come bambini e stremati risaliamo per continuare il tragitto.

Dopo un paio d’ore arriviamo al passo e scendiamo a vedere la spettacolare Bariloche con le foreste innevate ed i laghi ghiacciati.

I finanzieri argentini non credono ai loro occhi e ridendo ci chiedono se siamo marziani.

Guardando i nostri passaporti, ridono e uno di loro dice: son italianos, loco italianos, italiani matti!

Parco Ngoro’ngoro-Tanzania agosto 1985

Visitiamo un villaggio Masai.

Le donne sono calve e gli uomini con le treccine colorate!
Hanno monili, collane ed orecchini coloratissimi.

Una ragazzina masai è incuriosita dai fazzolettini profumati ed umidi che usiamo per pulirci.
Le diamo uno, lo annusa, fa una faccia schifata e riesce a stento a trattenere il voltastomaco.

Cosa che riesce a stento anche a noi vedendoli bere il sangue direttamente da un foro praticato sul collo della mucca o a sapere che le donne masai strofinano la pelle per renderla più morbida con orina e sangue.

Discoteca di Dar es Salaam, Tanzania agosto 1985

Sergio, l’amico toscano che incontro casualmente in questo viaggio africano dopo quello sudamericano, mi invita ad uscire per una serata in discoteca nella capitale tanzanese a caccia di bellezze locali.

Chiediamo in giro e ci indicano un posto vicino che raggiungiamo con curiosità.
La sala è al primo piano di una casa isolata.

Si sente la musica assordante , saliamo, paghiamo ed entriamo.

Dentro, nel semibuio fumoso e assordante le coppie nere ballano avvinghiate con movimenti sexy del bacino. Più che ballare sembrano stiano facendo all’amore.
Sono ubriachi quasi tutti.

E s’insinua pian piano ma sempre più forte un odore, un odore di grasso rancido e terribile, insopportabile.

Andiamo al bar per prender fiato, si avvicinano due nere mozzafiato, uno sguardo d’intesa e mi ritrovo vicina quella in vestito bianco attillato, con le treccine colorate, mentre beviamo un cocktail locale, ma……..l’ odore, l’odore è addosso anche a lei…..non ce la faccio a resistere, mi viene il voltastomaco.

Lei mi guarda, capisce che c’è qualcosa che non va, mi guarda e mi chiede: you dont’ like me? Because I’m black? No, no, rispondo. I like you very much, I love black women, but I’ve got a problem, sorry …..I have to go.
(Non ti piaccio perchè sono nera? No, no mi piace, ma ho un problema, devo andare).

Le do un bacio sulla guancia e guadagno l’uscita.

L’indomani incontro Sergio stralunato.
Mi domanda, dove sei finito ieri sera? Ma come, gli chiedo, non sentivi quella puzza orribile?

Si fa lui, a me eccitava, sai, noi toscani, siamo dei veri maiali!
E poi la mia non era tanzaniana, ma una turista del Kenya e non puzzava affatto, anzi aveva addosso del profumo francese!

Parigi, Tour Eiffel maggio 1969

Raggiunto l’ultimo piano dopo 2 o 3 ascensori osservo il panorama pazzesco da quell’altezza vertiginosa.

Mi viene un languorino, mi accosto al bar ordinando un panino.
Sul bancone c’è un piatto con un’invitante salsa bianca dall’aspetto di maionese.

Introduco una spalmata abbondante all’interno del panino caldo e do un boccone famelico facendo fuori mezzo panino.

Il tempo di masticare, guardare il cielo …. mi pare di morire!
Sento che sto perdendo i sensi, mi manca l’aria, mi brucia la bocca, lo stomaco, mi sembra di morire, barcollo.

Il vicino si accorge delle mie difficoltà.
Mi fanno sedere, mi fanno aria, mi danno schiaffi.
No, non è possibile morire in cima alla torre Eiffel a 19 anni, a pochi mesi dalla matura, appena patentato e ancora vergine!!

Ce la metto tutta e piano, piano,piano,piano risorgo, ma che era quella bomba?
Mi dicono trattarsi di creme!!
Pazzesco!

Ginevra, Svizzera maggio 1969

Gita scolastica a Parigi a due mesi dall’esame di matura.
Anno caldo con occupazioni, è il 68 italiano con un anno di ritardo.

Passato il traforo di Monte Bianco alloggiamo alla torre universitaria di Ginevra.
Le femmine al quarto piano, i maschi al pianterreno.

Un viaggio continuo dal pianterreno al quarto piano che sconvolge i compassati svizzeri e li costringe a rifiutarci l’ospitalità al ritorno, memori del casino prodotto all’andata.

In mensa si sente parlare solo italiano, noi siamo una cinquantina, loro forse 500.

La sera passeggiamo lungo il bel lago di Ginevra e scendiamo in gruppo in un locale sotterraneo.
Fanno musica, ma non ci sono i gruppi che suonano, che roba è?

Ci dicono trattarsi di discoteca, ma che roba è?
Mettono la musica a gran volume sul giradischi, senza il complesso!
Che strani questi svizzeri. Poi arriva il pezzo sexy, pazzesco, scandaloso, eccitante.

Che forza! Sti svizzeri! Valli a capire, prima tutti acque chete e adesso senti che roba!!!

Vado alla consolle, chiedo il titolo, mi dicono:
Je t’aime, moi non plus di Serge Gainsbourg e Jane Birking.

In Italia arriverà parecchi mesi più tardi provocando scandalo ma riscuotendo anche un gran successo.
Le prime discoteche arriveranno un anno dopo.


Benares, India febbraio 1987

Carmen ed io rimaniamo bloccati nel traffico caotico del centro di Benares che ci costringe a restare a bordo del nostro ciclo taxi carrozza non riuscendo neanche a scendere, incastrati fra altri mezzi analoghi.

Più tardi raggiungiamo i gath (banchine cementate lungo il fiume) del Gange per curiosare fra le varie cremazioni in atto.
Intorno vediamo templi alti e sontuosi e cataste fumose.

Ci avvisano di non scattare foto pena pestaggi ed ire da parte dei locali.

Vediamo una vecchia morta, distesa sul pavimento a bordo del fiume.
Le aprono la bocca e le versano dentro l’acqua sacra del fiume.

Accanto in piedi il marito con una faccia tristissima ed il figlio che stenta a trattenere le lacrime.

Non è vero che gli indiani non soffrano per la morte dei propri congiunti anche se il trapasso è considerato una liberazione da una vita di sofferenze e credono nella reincarnazione.

Gli affetti sono affetti e la morte è cmq separazione, allontanamento.

L’India non ha molto legname e sembra che un funerale costi un sacco per pagare le cataste necessarie a bruciare il corpo del morto.

Ci sono perfino le cremazioni artificiali nei forni elettrici, più economiche.

Camminando veniamo accostati da un tipo che sussurra:chocolate,chocolate!

Gli rispondo ridendo. It’ so too hot for chocolate! (è troppo caldo per la cioccolata).
Carmen mi spiega che chocolate è hashish!
Mi domanda: siete italiani? Si, rispondo come l’hai capito?
Per l’accento.

Tu sei italiano? Si, vivo qui da anni.
Gli dico: guarda quelli che bevono quest’acqua e si lavano i denti mentre al largo galleggiano cadaveri!
(dei bambini, vedove, bramini e vacche sacre che non vengono cremati).

La bevo anch’io, mi risponde e non ho mai avuto problemi. Quest’acqua è veramente sacra, prova a bere l’acqua del Lambro o del Tevere e vedrai la differenza!

Sarà, ma io non la berrei neanche sotto tortura!

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